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I discepoli si rendono conto che il discorso di Gesù non è semplice. Lui sa che anche loro stanno mormorando, forse temono che la comunicazione sia inefficace e non porti frutto, perché il messaggio non viene compreso. Allora Gesù sembra quasi ironizzare, chiedendo se ciò li scandalizza e come avrebbero reagito se oltre alle parole pronunciate, lo avessero visto tornare da dove è venuto e quindi salire al Cielo. Così precisa: «le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita». Questa puntualizzazione è importante, perché chiarisce una dinamica: ciò che Gesù afferma ha concretezza; se lo Spirito dà la vita e le sue parole sono spirito e vita, allora ciò che dice non è solo intenzione e prospettiva, è azione e visione, è compimento insomma.
Il Maestro però sa che anche tra i suoi discepoli «vi sono alcuni che non credono» e questo sarà di impedimento a qualcuno (Giuda) ad andare incontro a Lui, perché è il Padre che permette. A doverlo concedere.
Nel Vangelo si dice che molti dei sui discepoli tornarono indietro, ma quando si rivolge ai Dodici per chiedere se anche loro vogliono fare lo stesso, la risposta di Pietro inizia con una domanda retorica: «Signore, da chi andremo?» per poi affermare con convinzione «Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Solo Gesù ha il potere di donare queste parole, queste parole che non passano, che non si consumano, che sono certezza, garanzia.