Venerdì, 15 settembre 2023
Compiere il pellegrinaggio a la Mecca almeno una volta nella vita, si impegnano i musulmani.
Ci vediamo l’anno prossimo a Gerusalemme, si augurano gli ebrei.
Sarà il caso di dirsi anche tra cristiani che, almeno una volta nella vita, occorre andare in Terra Santa. Tornare alle radici della propria fede, guardare con gli occhi del corpo e del cuore, calcare con i piedi e toccare con mano. E poi ancora ascoltare, odorare ed assaporare. Tutti i sensi sono coinvolti in un viaggio di questo tipo.
“Il pellegrinaggio in senso assoluto è sempre un viaggio esteriore perché venga compiuto un viaggio interiore” afferma mons. Vincenzo Peroni, nostra guida, sacerdote bresciano che dopo dieci anni da cerimoniere pontificio, con Benedetto XVI e Francesco, ha chiesto di essere inviato come fidei donum in Terra Santa. “Muovere dei passi verso luoghi che sono stati segnati dalla presenza divina perché ci sia una ricerca interiore di Dio e una disponibilità a lasciarsi trasformare interiormente”. In Terra Santa si compie il pellegrinaggio per antonomasia che un cristiano almeno una volta nella vita sarebbe bene facesse “perché è il luogo dove Dio per primo ha fatto il suo cammino verso l’uomo, prima attraverso la storia della salvezza poi in maniera definitiva attraverso la persona di Gesù. Attraverso la storia dell’incarnazione del Verbo in Maria, la storia di Gesù, la relazione con i suoi discepoli, i prodigi e i segni e quindi con la sua passione morte e risurrezione, dando il via alla vita della Chiesa e all’evangelizzazione del mondo. È Dio che ha scelto di farsi incontro all’uomo, di abitare la sua vita, perchè egli potesse comprenderlo, ascoltarlo, imitarlo ed entrare in comunione con la sua vita”.
E dopo il pellegrinaggio?
“Se il pellegrinaggio è stato efficace – continua don Vincenzo – vuol dire che ci ha segnato, allora non si può essere come prima. Certo, non è una questione magica, occorre che il pellegrino, segnato dalla Grazia e illuminato dalla Parola di Dio, prenda delle decisioni nuove, scelga di guardare alla vita con uno sguardo nuovo, non solo in orizzontale, ma dalla prospettiva di Dio – sub specie aeternitatis, dicevano i medievali – e abitare la vita quotidiana sapendo che può essere abitata dalla presenza di Dio”.
Va da sè che un viaggio-pellegrinaggio va organizzato e preparato nei minimi dettagli. Deve essere chiara la prospettiva: o un viaggio prettamente culturale o un cammino spirituale che si arricchisce di aspetti culturali. Questo taglio ha avuto il nostro pellegrinaggio sapientemente organizzato dalla dott.ssa Adriana Sigilli, presidente della Diòmira travel e dell’associazione Oasi di Pace. Milanese, grande viaggiatrice con 25 anni di esperienza in Terra Santa e in Giordania. Autrice di numerosi diari di viaggio. Sposata, 5 figli e 8 nipoti, ma vive metà anno a Gerusalemme, lontana dalla famiglia “che ha saputo trovare un equilibrio” perché vede il suo lavoro come una missione. “È una vita in armonia tra lavoro e missione – dice Adriana – perché sento proprio come una vocazione quella di portare i pellegrini qui in Terra Santa senza far mancare nulla dal punto di vista organizzativo, perché la scelta dei luoghi e dei tempi è fondamentale per far vivere bene l’esperienza, senza disperdersi. La missione più importante è far incontrare in questi luoghi la fede della gente che ci vive e di altra gente del mondo che si incontra: cattolici, ma anche ortodossi e poi ebrei e musulmani. È una gioia che provo da 25 anni e ogni volta è come fosse la prima perché credo fermamente che la bellezza di un pellegrinaggio è data anche dalle persone che si mettono in cammino e che vogliono incontrare Gesù. Perché questa è la Terra di Gesù. Non riesco a vederla diversamente nonostante i conflitti che ci sono”.
Questo pellegrinaggio, però, è stato volutamente accostato alla visita di alcuni luoghi resi sacri non per la storia di pietre o di tradizioni, ma per i volti che li popolano e verso i quali si compiono piccoli-grandi miracoli quotidiani, come abbiamo visto nei racconti precedenti. Centinaia, migliaia di persone che fruiscono anche del nostro aiuto, attraverso i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica.
“Prossimità è la parola che racchiude questa esperienza, ci dice don Enrico Garbuio, referente del Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, della CEI. Ci portiamo a casa la ricchezza di una firma. A maggio scorso l’assemblea dei Vescovi italiani ha stanziato 80 milioni di euro per questi progetti di sviluppo internazionali, tra i quali quelli di Israele e Palestina. Due Paesi molto privilegiati per i quali la commissione che valuta i progetti – e don Enrico gira il mondo per osservarne lo stato di avanzamento – dà sempre buone valutazioni soprattutto quando si tratta di progetti educativi (scuole) e centri culturali per il dialogo interreligioso. Il ruolo della Chiesa italiana nel sostenere i missionari è un segno di comunione con le altre Chiese. A volte l’esempio grida molto più forte delle nostre omelie”.
Ma il viaggio è stato promosso dalla FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) che raccorda 191 testate, di 160 diocesi in 21 regioni italiane. Costantemente, durante l’anno, le testate diocesane sono impegnate a dar conto di quanto bene si riesca fare nelle chiese locali grazie ai fondi dell’8xmille. Anche Luce e Vita ne fa parte e per la seconda volta un suo articolo è stato premiato. “Credo questo sia stato un pellegrinaggio sinodale – dice il dott. Mauro Ungaro, presidente nazionale FISC presente al viaggio – che ha ripreso qualcosa che era stato avviato negli anni passati e purtroppo sospeso durante la pandemia. FISC e Servizio per il Sostegno Economico, insieme, per andare a vedere le opere che grazie alla generosità degli italiani con le firme 8xmille, vengono realizzate non solo nel nostro paese, ma anche all’estero. Questo andare è diventato un vero e proprio pellegrinaggio perché ciascuno di noi ha portato in questi luoghi santi la propria esperienza e quelle delle proprie redazioni, e anche è stato accompagnato dalla preghiera delle proprie famiglie rimaste a casa. Un pellegrinaggio sinodale, dicevo – conclude Ungaro – perché siamo venuti a vedere, ad incontrare la realtà delle Chiese locali e, sottolineo, Chiese, non solo quella cattolica, che vivono qui quotidianamente e che testimoniano la speranza che è Cristo”.
Dunque si conclude così questa rassegna di volti che in qualche modo ho voluto raccontare. Per scelta non ho accennato ai luoghi santi (documentati fotograficamente sui miei profili social) perchè di quelli è bene riservare nel cuore emozioni, sentimenti e considerazioni. Ribadisco che per un cristiano occorrerebbe recarsi in Terra Santa con cuore predisposto e, come detto da Mons. Pizzaballa, non fare di un pellegrinaggio, come purtroppo accadde, una occasione per battere cassa. Nemmeno sono entrato troppo nelle questioni politiche, che non erano oggetto del reportage, ma di cui si potrebbe discutere a lungo solo se adeguatamente documentati.
La mia gratitudine va alla FISC e al Servizio per il Sostegno economico, con l’impegno giornalistico di far conoscere sempre di più quanto bene si compie nel mondo, anche grazie alla nostra piccola e inconsapevole firma per l’8xmille.
Luigi Sparapano
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