«Ci siamo creati tanti impegni inutili per poterci stancare e poi sentire il bisogno di riposare» dice Lorenzo ad un certo punto della conversazione. E poi continua «Ma non troviamo mai il momento per riposare davvero e viviamo sempre in un’insoddisfazione da stanchezza inutile».
Nel frattempo, Sofia sorseggia la sua tisana ai frutti di bosco e Andrea il succo al mirtillo. Sono seduti al tavolino di un bar e, oltre il vetro del locale, il mare invernale viene nutrito da una fitta pioggia accompagnata da raffiche di vento. Fa molto freddo fuori.
I tre amici si sono incontrati per condividere quel freddo pomeriggio d’inverno ma quello che in realtà condividono è anche un clima di stanchezza che sembra aleggiare nell’aria. Hanno da poco tempo terminato tutti e tre gli studi universitari e hanno iniziato a conoscere il mondo del lavoro.
Ma hanno conosciuto anche la frenesia e le pretese di un mondo che mentre cerca di rendere le macchine sempre più simili agli uomini, rischia di considerare gli uomini sempre più solo alla stregua di macchine.
E mentre Sofia risponde ad un messaggio al cellulare, Andrea esclama: «ieri sono passato dalla mia parrocchia. Non ci passavo almeno da due anni, quando lasciai di fare l’animatore per scrivere la tesi di laurea. È cambiato il parroco e tante altre cose. Ho avuto la sensazione che tutto fosse uguale e al tempo stesso tutto diverso».
«Erano cose da ragazzi, Andrea, di quando avevamo tempo e testa liberi. Ora non fa più per noi» risponde Sofia quasi senza alzare lo sguardo dal telefono.
«E invece ho pensato che lì stavo bene. E tornando nonostante tante cose e persone diverse ho ritrovato quella sensazione di serenità e benessere. Forse, come diceva Lorenzo, mi sono solo creato tanti impegni per perdermi un impegno che invece era un riposo.Sì, la parrocchia per me era un riposo attivo, non un passivo far nulla, ma un distendere l’anima per fare spazio agli altri e anche a Dio. Ora non sento che di avere solo me stesso, e non ho più nemmeno me stesso. Faccio tante cose, ma non vivo nessuna cosa».
don Giuseppe Germinario, direttore