La Chiesa dona oltre 2000 ventilatori ai detenuti in Italia

Nei giorni scorsi la Chiesa Cattolica Italiana, in collaborazione con l’Ispettorato generale dei cappellani delle carceri e il sostegno della Presidenza Cei, ha deciso di donare oltre 2000 ventilatori per i detenuti in 30 istituti penitenziari sul territorio nazionale. I ventilatori saranno distribuiti in particolare per i detenuti più fragili delle sezioni “Infermeria”, per consentire sollievo al caldo estivo e ridurre il disagio.

La situazione delle carceri italiane è complessa, gli istituti sono spesso sovraffollati e vi si trova anche chi è in attesa di giudizio. A ciò si aggiungono i casi di suicidio e le condizioni di restrizione (a livello logistico ma anche di opportunità formative e rieducative) che portano nella maggior parte dei casi, una volta scontata la pena, a commettere lo stesso reato per cui si è stati incarcerati.

Il Papa è ben consapevole della situazione delicata nella quale vivono i detenuti e questo emerge sia nelle parole a loro rivolte nella residenza di Santa Marta nell’ottobre 2021: «Chi ha sbagliato non resti sbagliato».

E, da ultimo, ai detenuti della casa circondariale di Verona nella visita pastorale del 18 maggio scorso: «Per me entrare in un carcere è sempre un momento importante, perché il carcere è un luogo di grande umanità. Sì, è un luogo di grande umanità. Di umanità provata, talvolta affaticata da difficoltà, sensi di colpa, giudizi, incomprensioni, sofferenze, ma nello stesso tempo carica di forza, di desiderio di perdono, di voglia di riscatto, come ha detto Duarte nel suo discorso.

E in questa umanità, qui, in tutti voi, in tutti noi, è presente oggi il volto di Cristo, il volto del Dio della misericordia e del perdono. Non dimenticate questo: Dio perdona tutto e perdona sempre, in questa umanità, qui, in tutti voi. Questo senso di guardare il Dio della misericordia.

Conosciamo la situazione delle carceri, spesso sovraffollate – nella mia terra, pure -, con conseguenti tensioni e fatiche. Per questo voglio dirvi che vi sono vicino, e rinnovo l’appello, specialmente a quanti possono agire in questo ambito, affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria. Una volta, una signora che lavorava nelle carceri e aveva un bel rapporto con le detenute – però era un carcere femminile –, una mamma di famiglia, molto umana la signora, mi ha detto che lei era devota a una santa. “Ma quale santa?” – “Santa Porta” – “Perché?” – “È la porta della speranza”. E tutti voi dovete guardare a questa porta della speranza. Non c’è vita umana senza orizzonti. Per favore, non perdere gli orizzonti, che si vedranno attraverso quella porta della speranza.»