La tradizionale giustizia retributiva, che reagisce ad una situazione di violenza e rottura del patto sociale creata dal reato, ha fatto registrare enormi fallimenti in termini di rieducazione e recupero del condannato e in termini di riappacificazione sociale. Oggi si punta a un altro paradigma, quello della giustizia riparativa.
Regolata in Italia per la prima volta nel 2022, con la riforma Cartabia, questo modello di giustizia considera il reo non solo per l’errore commesso ma anche per le sue competenze e capacità e propone un percorso di rieducazione e riparazione del danno compiuto, coinvolgendo anche la vittima. La giustizia riparativa o rigenerativa intende il reato principalmente in termini di danno alle persone e coinvolge attivamente la vittima, il reo e la stessa comunità civile nella ricerca di soluzioni.
È quanto premette Edgardo Bisceglia, avvocato e vicedirettore della Caritas diocesana, che ha scelto di mettere in atto una serie di interventi per implementare e diffondere la cultura di una giustizia alternativa, attraverso il progetto Giustizia senza sbarre. Nato nell’ambito dei fondi 8xmille, il Progetto ha previsto la stipulazione di un protocollo triennale con il Tribunale penale di Trani. «L’aumento delle richieste da un lato e il bisogno di sensibilizzazione del territorio dall’altro hanno indotto a pensare di strutturare spazi, servizi e momenti di formazione per coloro che beneficiano di queste misure, ma anche per gli operatori che decidono di accompagnarli nei relativi percorsi nonché nei confronti di tutte le comunità di riferimento. La vitalità di questo progetto sta nella volontà dell’equipe della Caritas diocesana di non strutturare attività per qualcuno ma per tutti, sostenendo l’idea di imbevere l’intera comunità e contribuire a uno switch culturale necessario» precisa.
Il Progetto è articolato in due fasi: «la prima consiste nella messa in atto di incontri di formazione, almeno uno per ogni città della diocesi al fine di sensibilizzare e formare altre realtà ai temi della giustizia riparativa e delle misure alternative alla detenzione. Nella seconda fase del progetto verranno accolti uomini e donne (maggiorenni e minorenni) con necessità e volontà di uscire dal circuito penale». Sono coinvolte realtà parrocchiali e associative o gruppi informali per permettere ai destinatari di impegnarsi in azioni di volontariato e risarcire la comunità, mentre parteciperanno a percorsi di legalità e cittadinanza attiva.
L’obiettivo principale di questo Progetto è la promozione della fuorisucita dal circuito penale di autori di reato che sconteranno le loro responsabilità nell’impegno per il bene comune e il risarcimento del danno, attuando una vera e propria “giustizia senza sbarre”. Il Progetto, in corso da gennaio di quest’anno, proseguirà fino a dicembre, grazie ai fondi 8xmille. Al momento i beneficiari sono venti, tra imputati e condannati, minorenni e maggiorenni.
Per loro sono previsti un percorso di ri-socializzazione mediante l’accoglienza nelle sedi di servizio della Caritas, la partecipazione a percorsi formativi, e cicli di supporto psicologico finalizzati a permettere una vera resipiscenza e cambiamento.
La Caritas diocesana ha coinvolto la parrocchia Immacolata (in Ruvo), le Amministrazioni comunali di Ruvo e Terlizzi, la Casa circondariale di Bari, il Garante delle persone private della libertà personale della Regione Puglia, l’Ufficio esecuzione penale esterna di Bari, il Tribunale penale di Trani, l’Ufficio Servizio sociale minorenni del Ministero della Giustizia. Firmare per l’8xmille «permette alla Chiesa, in questo caso alla Caritas, di perseverare nella propria azione di servizio in favore di tutta la comunità, con una particolare attenzione alle persone più vulnerabili, così da prevenire e contrastare situazioni di emarginazione ed esclusione sociale».
Susanna M. de Candia, vicedirettrice