Riportiamo una riflessione per la XXXV Giornata per l’approfondimento e il Dialogo tra cattolici ed ebrei, scritta da don Giovanni de Nicolo, sul n. 1 di Lue e Vita del 14 gennaio 2024.
La XXXV Giornata per l’approfondimento e il Dialogo tra cattolici ed ebrei del 17 gennaio assume quest’anno un significato particolare, tenuto conto dell’aggressione subita da Israele il 7 ottobre 2023, con la conseguente reazione dell’esercito israeliano una settimana dopo contro Hamas nella striscia di Gaza.
Il titolo della Giornata, per la quale è stato preparato un Messaggio dalla Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo e dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia, riprende una frase da Ez 37,1-14 ovvero la visione delle ossa disseccate.
Il sussidio preparato per l’occasione presenta il testo profetico in ebraico e in italiano, i due messaggi e proposte, insieme a strumenti per avviare e sostenere nei diversi contesti (parrocchie, scuole, gruppi, associazioni, comunità religiose, movimenti) processi di dialogo con le realtà ebraiche e di riscoperta delle radici ebraiche della e nella fede cristiana.
È possibile anche solo rivolgere qualche preghiera dei fedeli per la Giornata o nella Domenica più vicina.
Non mancano suggerimenti di materiali e indicazioni sulle amicizie ebraico – cristiane e dei musei ebraici in Italia.
Si ricordi che nella Nostra Aetate [dichiarazione conciliare su Le relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane approvata e promulgata nel 1965 dal Vaticano II, ndr] è stato condannato ogni antisemitismo diretto contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque.
Anche l’opinione contraria alla guerra intrapresa da Israele come reazione agli attentati del 7 ottobre non può rimettere in campo pregiudizi antiebraici e razziali.
La situazione descritta dal profeta Ezechiele, delle ossa disseccate, è un’allegoria della speranza svanita, della sfiducia nel futuro.
Troviamo espressa sia l’attesa di rinascita nazionale e spirituale del popolo di Israele, sia la resurrezione dei morti.
Non possiamo negare che anche negli ambienti ecclesiali spesso emergono affermazioni come: «siamo sempre di meno» e «le abbiamo provate tutte».
In questo contesto il profeta annuncia vita e rinascita. Dio, che ha creato, continua a creare sempre di nuovo.
Qui viene in mente l’icona di Emmaus che accompagna il cammino sinodale.
Il Risorto fa ardere il cuore dei discepoli che si sentivano delusi e senza fiducia nel futuro.
La speranza si fonda sulla fedeltà di Dio e può derivare solo da una continua conversione nel rapporto con Dio, nel rapporto con le persone, nel rapporto con gli Stati, nel rapporto con la terra.
In particolare, il Messaggio della Commissione Episcopale richiama il rapporto tra le comunità cattoliche ed ebraiche in Italia e auspica una rinnovata passione per la Scrittura che, per quanto richieda studio e impegno per una conoscenza approfondita, sostiene l’umano e genera speranza.
Come allegoria di rinascita, in Israele, Ez 37 farebbe riferimento allo Yom Kippur, una festa liturgica in cui si esprime il pentimento.
Il Giorno dell’Espiazione invita all’esperienza di una «morte e resurrezione collettiva» (rav Greenberg), capace di trasformare una persona, di cambiarne l’io più profondo.
Potrebbe far riferimento anche a Yom ‘Atzmaut, festa nazionale israeliana religiosa e civile insieme, vissuta paradossalmente dagli ebrei anche in Italia, festa che trasforma la diaspora in redenzione, le ossa secche della Shoah (‘atzamot) nella rinascita d’Israele di cui si fa memoria nel giorno dell’indipendenza (‘atzmaut).
L’inno Hatikvà (la speranza), scritto da uno spagnolo nel 1877, musicato da un romeno nel 1888, divenuto inno sionista nel 1933 e israeliano nel 1948, narra di una tenace speranza «due volte mille-naria» di essere un popolo libero nella terra di Sion e di Gerusalemme, quella di cui parla la Bibbia ebraica.
don Giovanni de Nicolo, direttore Ufficio Ecumenismo