Eppure accadono

Sì, accadono e, sicuramente, sono anche tante! Si tratta delle vicende belle, delle storie affascinati, dei gesti di generosità. Accadono, eppure non le vediamo facilmente.
A mettere un velo, a far cadere nell’ombra le tante fonti di luce che pure brillano nella notte della storia sono tanti fattori.

Forse tra i responsabili ci sono proprio i mezzi di comunicazione. I giornali, le televisioni, i siti di informazione e i social media sono guidati da dinamiche editoriali che privilegiano storie drammatiche o tragiche, i dettagli inquietanti e le curiosità inutili. È il cosiddetto fenomeno del “negativity bias”, la tendenza ad essere attratti dagli eventi negativi, come disastri, conflitti o crimini. Le notizie che suscitano emozioni forti tendono ad essere più cliccate e condivise, generando un circolo vizioso che porta alla predominanza delle notizie “negative”.

Volete un esempio? Papa Francesco. Da dodici anni ha quasi ogni giorno parole forti sulla vita della nostra società, sulla necessità di un ritorno alla fede autenticamente cristiana, sulla necessità di un nuovo slancio di vera umanizzazione. Eppure, nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli articoli, i video, le interviste pubblicate da testate online, da influencer, da blog sul Papa, ma non su quanto ha potuto fare in questi dodici anni, bensì su ipotetiche fantasie mediche, lontane dai comunicati ufficiali, volte solo a creare quell’attrazione per il negativo. Eppure quanto di buono avrebbero potuto dire sull’operato del Santo Padre!

A questo si aggiunge un fattore culturale: la forte cultura di competitività e di individualismo. L’io può avanzare solo a scapito dell’altro. Per questo mettere in luce il negativo che c’è attorno dovrebbe, secondo questa distorta teoria, far emergere l’io. Suscitando scalpore per il negativo, l’io cerca visibilità, risonanza, cerca approvazione. E così lo spettacolo e la politica finiscono per assomigliarsi nel momento in cui i diversi protagonisti non fanno altro che denigrare chi hanno come “avversario”. Non avendo nulla da offrire, reagiscono violentemente e con forza per screditare chi hanno di fronte.

Per qualche esempio lascio a voi la facile impresa di sfogliare i titoli dei giornali e dei siti quotidiani, di ascoltare quanto si dicono politici e governanti, non solo nelle interviste per strada, ma ahimè anche nelle aule parlamentari o nelle dichiarazioni ufficiali. E così la democrazia da essere arte della concordia e della ricerca del bene comune, viene deturpata e ridotta a mercato degli insulti e a fiera delle offese.
Potrei continuare con questo esame, ma mi fermo per dire che, nonostante questo, accadono! Si, accadono tanti episodi di buona vita, ogni giorno! E noi, cattolici, in armonia con tutti gli uomini di buona volontà dobbiamo vincere questo stile del “negativity bias” non cadendo nella stessa trappola della denigrazione, ma con la luminosa potenza della buona narrazione.

Uomini e donne del Vangelo quotidiano, della buona notizia, sono coloro che come ha fatto Cristo non chiudono gli occhi di fronte alla sofferenze, ma le alleviano con la dolcezza della carità. Nel Vangelo sono tante le situazioni di sofferenza e di difficoltà, di ingiustizia e di prepotenza. Il Vangelo non le omette. Ma le racconta per dire che esse non sono l’ultima parola, non sono l’ultima notizia, ma la penultima. Cristo, vero e sommo bene, vince dolcemente l’oscurità che pure c’è, ma ancora per poco. E se purtroppo vaghiamo ancora nella notte, cerchiamo nel buio di vedere le stelle, perché più le guarderemo più esse aumenteranno alla nostra vista. E così non ci troveremo impreparati alla lenta ma inesorabile luce avvolgente del mattino, della resurrezione, della gioia finale.

don Giuseppe Germinario, direttore