Gesù prese con sé Pietro Giacomo e Giovanni, li condusse su un alto monte e si trasfigurò davanti a loro. Questo singolare episodio dà il nome alla seconda domenica di Quaresima quasi a volerci incoraggiare nel cammino verso la Pasqua, non fermandoci al monte della tentazione, ma salendo anche noi con i tre fortunati discepoli al Monte della trasfigurazione.
Come Pietro anche noi vorremmo esclamare: «rabbì è bello per noi essere qui, facciamo tre capanne: una per te, una per Mosè, una per Elia». L’evangelista Marco ci fa sapere che erano meravigliati ma anche spaventati, non sapevano cosa dire. Il Signore in tutta la Scrittura ama sorprenderci, non sempre in modo così chiaro ed evidente.
La Prima Lettura infatti ci presenta la prova di Abramo, al quale Dio chiese: «prendi tuo figlio Isacco che ami e offrilo in olocausto sul monte che ti indicherò». Abramo stava per immolare suo figlio, ma l’Angelo del Signore indicò un ariete nel cespuglio e lo offrì in olocausto invece di Isacco.
Questo episodio è un anticipo del Figlio unigenito del Padre che invece sarà immolato. Infatti l’apostolo Paolo ci spiega: «se Dio non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi, non ci donerà ogni cosa insieme con lui che intercede in nostro favore?» Ai discepoli sul santo monte si manifesta tutta intera la SS. Trinità, infatti «venne una nube e uscì una voce: questi è il Figlio mio l’amato, ascoltatelo».
La nube è simbolo dello Spirito, la voce è del Padre che indica il Figlio con un verbo all’imperativo. Un canto antico quresimale suona in latino: «attende domine et miserere quiae peccavimus tubi» (Signore ascolta, padre perdona, fa che vediamo il tuo amore). Anche la nostra abituale risposta alla preghiera dei fedeli, è quasi sempre «Ascoltaci Signore».
Questa seconda domenica di Quaresima il Signore invece chiede a tutti noi: «ascoltate il Figlio mio amato». La benedizione sul popolo recita: «benedici i tuoi fedeli, o Padre, perché aderendo al tuo figlio unigenito, possano raggiungere la gloria manifestata agli apostoli sul santo monte».
padre Roberto Francavilla