La Chiesa propone, nella domenica che segue il Santo Natale, di fermarci a meditare quel luogo di grazia, mistero e santità che è la famiglia in cui Gesù è nato, è cresciuto ed è stato educato. Non bisogna mai dimenticare che l’umanità del Signore si è formata in un contesto storico nel quale la sua famiglia è stata determinante per la sua crescita religiosa e umana.
Per questo la responsabilità di Maria e di Giuseppe nei confronti del Verbo Incarnato, Gesù Cristo, era tanto grande e tanto delicata che la loro vita ne è stata trasformata, con l’aiuto dello Spirito Santo, tanto da poter diventare oggi l’esempio per tutte le famiglie dei battezzati. Le letture di questa domenica ci presentano l’inizio della storia del popolo eletto, individuabile nella famiglia di Abramo e Sara che attendono il figlio Isacco. La prima lettura, tratta da due pericopi di Genesi, spiega in modo sommario la storia di questa prima famiglia del popolo di Dio, mentre la seconda lettura, dalla lettera agli Ebrei, spiega quella stessa storia illuminandola con la luce del Cristo.
Il Vangelo di Luca ci racconta come la famiglia di Gesù appartenesse in pieno a quel popolo che ebbe origine in Abramo: dopo i giorni della purificazione, Maria e Giuseppe «portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, come è scritto nella legge del Signore». E lì, Simeone, «uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele» vede compiersi le promesse di Dio e intona quel cantico di lode del Nunc dimittis – ora lascia o Signore – che la Chiesa ha adottato come preghiera della sera della nostra vita unita a Cristo.
Ma anche Maria e Giuseppe sono benedetti e la Vergine è chiamata a partecipare a questa storia della salvezza in prima persona, perché «anche a te una spada trafiggerà l’anima». Maria in quanto Madre sarà chiamata a sostenere il Figlio anche nelle ore più buie, in cui lei e pochi altri rimangono con lui.
La Santa Famiglia non è una famiglia privilegiata, ma una famiglia testimone e quindi, questo passo lo riassume, martire. E questo la rende ancor più prossima al nostro tempo e alla nostra società.
don Marco L. Cantatore, diacono