In questo Vangelo il racconto è quello di Giovanni, che permette di identificare il momento in cui avviene ciò che sta per narrare. È quasi Pasqua, festa dei Giudei.
Ancora una volta Gesù è seguito dalla folla che ha visto i miracoli da lui compiuti, il numero considerevole di persone che hanno fame lo spingono a mettere alla prova Filippo, a cui chiede dove poter comprare pane a sufficienza per tutta la gente presente. L’evangelista dice dopo quanti siano quelli accorsi: circa 5000.
Giunge Andrea, dicendo che un ragazzo ha cinque pani e due pesci. Questo “personaggio” resta anonimo e mette a disposizione molto poco, rispetto alla folla, ma è Gesù che moltiplica. La metafora riguarda la nostra fede. Se offriamo a Gesù quella poca che abbiamo, Lui la moltiplica. Se siamo disposti a offrire la nostra pochezza, Lui ci riempirà di amore.
Gesù per dividere – e condividere – spezza e ringrazia. Spezza le nostre false convinzioni, le nostre paure, le angosce che spesso ci irrigidiscono. E ringrazia perché la gratitudine rende liberi, fa guardare oltre il limite, restituisce l’amore.
L’amore del Signore è sovrabbondante, per questo Gesù dice ai suoi discepoli di raccogliere i pezzi avanzati, così che nulla vada perduto. E i canestri riempiti con gli avanzi sono dodici, che è un altro numero simbolico e ricorrente.
Il gesto compiuto da Gesù permette di dire «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Certo è più facile credere quando la presenza del Signore è sotto i nostri occhi, per quanto lasci sbigottiti. Ma è altrettanto significativo riconoscere i segni della sua presenza nella nostra quotidianità, perché sono quelli che la rendono straordinaria e unica.