Le domeniche d’Avvento durante i secoli del Medioevo hanno assunto un nome proprio a partire dall’antifona d’ingresso con cui si dava inizio alla Celebrazione Eucaristica. La prima di esse era chiamata domenica Ad te levavi e il nostro messale ancora oggi propone tale antifona come introito alla messa, con questo testo, tratto dal salmo 25: «A te, Signore, innalzo l’anima mia, mio Dio, in te confido: che io non resti deluso! Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque in te spera non resti deluso».
Questa antifona, con cui l’Avvento e tutto l’anno liturgico cominciano, è un invito a levarsi in piedi, a vegliare e a invocare il nome del Signore nella preghiera e nell’azione. La prima lettura, tratta dal profeta Isaia, ci introduce al primo significato dell’avvento, ovvero l’attesa della manifestazione del Regno di Dio. Significativo di questa attesa piena di desiderio è il versetto 19: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti!»
Se ai tempi di Isaia questo significava l’attesa del Cristo, oggi, che Egli ha compiuto la sua missione terrena, questa pericope invita a continuare a mantenere viva l’attesa, nella vita di ciascuno, dell’incontro sconvolgente con il Signore Gesù, che in ogni vita avviene in maniera e in tempi differenti.
Ma per rendersi conto di questo incontro, che difficilmente ha le sembianze di una manifestazione mistica ma che invece avviene nella prosaica vita di ogni giorno, è necessario fare proprio l’invito alla vigilanza che Gesù fa nel vangelo, tratto dal capitolo tredici del vangelo di Marco: «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà […]; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati».
Non bisogna guardare a questo vangelo come ad una minaccia di punizione, ma come ad un’amorosa promessa: il Signore visita e vuole visitare la vita di ciascuno dei suoi figli! Ma è necessario tenere gli occhi aperti per riconoscerlo: quale modo migliore se non quello di tenere lo sguardo in alto, elevato al cielo, e l’orecchio teso alla Parola, al Verbo di Dio, che da esso proviene?
don Marco L. Cantatore, diacono